Realizzato da Luminetwork
Videosorveglianza e Dispositivi di Protezione Individuale per la sicurezza sul lavoro

Le telecamere nei luoghi di lavoro sono in grado di rilevare i comportamenti a rischio da parte degli stessi lavoratori, per poi poter intervenire con azioni correttive.


Le telecamere di videosorveglianza nei luoghi di lavoro rappresentano un prezioso strumento non solo per la protezione anticrimine delle strutture e per il monitoraggio dei processi industriali, ma anche – e soprattutto, aggiungo – per la sicurezza e la salute dei lavoratori.

Funzione, questa, più che mai importante in questo momento di emergenza sanitaria legata al diffondersi del coronavirus, quando ancora molti stabilimenti e centri di produzione del Paese continuano la propria attività. Ma come si proteggono in questi siti i lavoratori? E quale ruolo giocano le telecamere di videosorveglianza?

Cosa sono i DPI – Dispositivi di Protezione Individuale

Acronimo di Dispositivi di Protezione Individuale, i DPI comprendono indumenti, attrezzature e strumentazioni – forniti dal datore di lavoro – in grado di proteggere i lavoratori dai rischi ai danni della sicurezza e della salute.

Classificati, per Legge, in tre categorie, in base alla tipologia di rischio connesso all’attività lavorativa svolta, i DPI fungono da puntuale schermo di protezione nei confronti di vie respiratorie, capo, occhi, viso, pelle, udito, arti superiori e inferiori.

Tra i Dispositivi di Protezione Individuale appartenenti alla terza categoria (quella che include rischi molto gravi, causa di danni irreversibili per la salute), vi sono mascherine e filtri per la protezione delle vie respiratorie, caschi, guanti, occhiali per la protezione degli occhi, cuffie per la protezione dell’udito, tute, indumenti per ambienti molto caldi (+ di 100°C) o molto freddi (da -50°C in giù), attrezzature contro le aggressioni chimiche, le cadute dall’alto, il rischio elettrico e altri dispositivi ancora.

A disciplinare la materia è il Decreto legislativo n. 17/2019 – entrato in vigore il 12 marzo 2019 – che adegua la normativa nazionale alle disposizioni europee sui DPI. In aggiunta, il 14 marzo 2020, per contrastare la diffusione del coronavirus nei luoghi di lavoro, sindacati e Associazioni di categoria hanno sottoscritto con il Governo un Protocollo in tredici punti per la sicurezza sul lavoro, contenente regole e misure che devono essere garantite in tutte le aziende del Paese.

Tra tali misure, in particolare, figura l’utilizzo obbligatorio di mascherine e di altri dispositivi di protezione, tra cui guanti, occhiali, tute, cuffie e camici, “qualora – recita il Protocollo – il lavoro imponga una distanza interpersonale minore di un metro e non siano possibili altre soluzioni organizzative”.

dispositivi di protezione individuale
Le telecamere di videosorveglianza nei luoghi di lavoro sono in grado di rilevare anche comportamenti a rischio da parte degli stessi lavoratori

Sicurezza sul lavoro: telecamere di videosorveglianza per monitorare l’utilizzo dei DPI

Ricordiamo che l’installazione di telecamere di videosorveglianza nei luoghi di lavoro è regolata dall’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori, modificato dall’articolo 23 del Decreto Legislativo del 14 settembre 2015, attuativo del Jobs Act.

Alla luce delle modifiche apportate nel 2015, oggi, lo Statuto dei Lavoratori consente l’utilizzo di dispositivi per il controllo a distanza dei lavoratori solo ed esclusivamente per esigenze organizzativo-produttive, per la sicurezza sul lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale”.

La “sicurezza sul lavoro”, dunque, rientra a pieno titolo tra le motivazioni ammesse dalla Legge per i controlli video nelle aziende. Ma in che modo un sistema di videosorveglianza è utile a garantire ai lavoratori un ambiente il più possibile sicuro per la loro salute?

La presenza di telecamere di videosorveglianza nei reparti di uno stabilimento produttivo – ad esempio – ha la funzione di individuare, attraverso il monitoraggio continuo, tutte quelle condizioni di rischio che potrebbero dare origine a incidenti e infortuni. Ma non solo. Le telecamere sono in grado di rilevare anche quelle azioni e quei comportamenti a rischio da parte degli stessi lavoratori. E un comportamento rischioso è proprio quello di non indossare i DPI oppure di indossarli in modo non corretto, risultando in questo modo dispositivi di protezione inefficaci.

A questo punto, l’analisi delle immagini registrate dalle telecamere di videosorveglianza permette di definire un piano di intervento volto a elevare il grado di sicurezza in azienda, ma – aspetto importante – consente anche di intervenire sui lavoratori attraverso azioni correttive e momenti formativi finalizzati ad addestrarli circa l’importanza dei DPI e il loro corretto utilizzo.

I dati video raccolti dalle telecamere installate in azienda possono addirittura essere utilizzati come materiale didattico durante corsi e incontri formativi con i lavoratori, stimolando in questo modo il loro coinvolgimento diretto e una maggiore consapevolezza e percezione dei rischi, a partire proprio dall’analisi del vissuto lavorativo quotidiano.

Telecamere sul posto di lavoro: cosa prevede la Legge sulla privacy

Per installare qualsivoglia dispositivo video all’interno di un contesto lavorativo, è però d’obbligo seguire quanto prescritto dalla Legge. Lo Statuto dei Lavoratori – al quale abbiamo accennato poco fa – impone che, prima di installare sistemi di videosorveglianza nei luoghi di lavoro, il datore stipuli un accordo collettivo con i rappresentanti sindacali oppure, laddove questi non siano presenti o in caso di mancato accordo, chieda esplicita autorizzazione all’Ispettorato Territoriale del Lavoro.

Ma non è tutto. Per potere utilizzare lecitamente gli strumenti di videocontrollo, i dipendenti devono essere sempre correttamente informati. Il GDPR – General Data Protection Regulation è molto chiaro su questo punto: fra gli obblighi del datore di lavoro, c’è quello di fornire ai suoi dipendenti un’adeguata informativa sul trattamento dei dati video.

Il lavoratore deve innanzitutto essere messo al corrente circa la presenza di telecamere e gli accordi preventivi con i sindacati o con l’Ispettorato Territoriale del Lavoro. Ma, fondamentale è, nell’informativa, fornire esatta comunicazione riguardo al trattamento dei dati video e le tempistiche di conservazione delle immagini registrate.

Più in particolare, il datore deve nominare per iscritto – e comunicarne i nomi – i responsabili e gli incaricati del trattamento delle immagini, vale a dire chi potrà intervenire sull’utilizzo delle telecamere e chi visionerà le immagini, le conserverà e le cancellerà al momento opportuno. Le immagini registrate vanno conservate per non più di 24 ore, estendibili a sette giorni previa autorizzazione dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro e del Garante della Privacy.

Autorizzazioni e informativa a parte, il datore di lavoro ha sempre l’obbligo di esporre il cartello “Area videosorvegliata” all’ingresso dell’azienda o comunque prima di accedere ai locali in cui siano presenti telecamere di videosorveglianza.